dichiarazione di apertura

All'inizio, Milano per me era una città di quinte. I suoi viali ampi segnavano rotte precise, tra palazzi grandi dietro cui non sapevo mai cosa ci fosse. Poi ho scoperto che Milano e' una città di cortili interni, di improvvise viuzze di paese, di acqua sotterranea, che occasionalmente esonda sorprendendo l'amministrazione comunale.
Tra queste due Milano non ho ancora trovato un passaggio. Rimangono due città distinte, come la Milano degli aperitivi, dei brunch, dei creativi alternativi ma rampanti, dei locali minuscoli e acidi, spaziosi e minimalisti indecisi tra New York e Giappone, rinomati, dove bisogna farsi vedere... e la Milano delle latterie, delle osterie, dell'arci, del parco agricolo sud, delle cascine, delle bocciofile, della solidarietà da case di ringhiera, di un senso civico raro, brusco ma prezioso.
E non ci sono solo queste due Milano, perché, come dice Aldo Nove nel suo libro: "Milano non e' Milano". Basta uscire un venerdì mattina e passando per Corso Buenos Aires, trovare un recinto con le pecore, per capirlo.
Voglio provare a raccontare la Milano che vedo. Io che ci sto da 6 anni, che vengo da Roma, che non pensavo di restarci tanto e che ancora cerco di orientarmi tra le sue strade troppo dritte. Che sono persa a Milano ogni giorno e sono parte di questa città.

domenica 23 ottobre 2011

Archivio - Martesana

on Friday, June 19, 2009 at 11:23am

l'ufficio dove lavoro è vicino un fiume, o meglio essendo a milano, a un naviglio. di solito arrivo in ufficio dalla strada, ma oggi ho camminato lungo un tratto nell'argine.
c'è un certo via vai di biciclette, qualche anziano in carrozzella spinto con pazienza dal badante, una pietà dipinta chissà quando e la città attorno. non te lo immagini il naviglio dalla strada, è dietro i palazzi e più in basso del resto della città.
incredibilmente però conserva una sua vita, ci sono susini carichi di frutti, nespoli, oleandri, papere, pesci, rane e palazzi di sei, otto, dieci piani, pieni di vite. si affaccia un signore, capelli bianchi e canotta bianca e dal balcone butta giù un grosso pezzo di pane alle papere. mi sa che lo fa tutti i giorni, o forse una volta a settimana con la pagnotta vecchia. forse lo fa da anni e le papere giustamente lungo il fiume hanno scelto di vivere un po' più vicino casa sua. generazioni di papere che si tramandano questo segreto, su dove è meglio andare a vivere lungo il naviglio della martesana.
a volte mi sembra che questa città si diradi e ne emerga un'altra. una che io non ho mai visto davvero, ma che forse chi abitava milano decenni fa ha conosciuto, che traspaia un altro mondo possibile, così per un attimo.
mi pare che ogni tanto singolarmente ci siano delle persone che questa altra possibilità riescano ad afferrarla, a viverla, a crescerla, qui e altrove... peccato che invece collettivamente sembra proprio che non si riesca ad afferrarla. mi piacerebbe immaginare tutta milano con la bellezza di questo fiume piccolo, che arrivasse fin su nei grattacieli e negli incroci, alle finestre di tutte le case, nelle mattine affaticate di chi vive.

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