Cercare casa a Milano è un'attività a volte estenuante, che ti mette in contatto con tutti i grumi della città.
Piano rialzato su Fulvio Testi. Appartamento finemente ristrutturato, di cui non aprirai mai le finestre, che hanno su una patina di smog, finestre fumé... E potrai passare la vita a cercare parcheggio giacché il box, non troppo distante è in vendita a parte (caro). Ma la cantina è inclusa... Magari faccio un'offerta per la cantina, in quanto a luminosità e ariosità dovrebbero essere le stesse.
Appartamento terzo piano di comprensorio civile (gergo immobiliare per "popolare"). Il cortile è una festa per gli occhi, svettano alberi alti è c'è una fontanella coi pesci. La casa è tagliata bene, ampia... Alzando le serrande sul lato sinistro ecco sorgere dai vetri la Milano Meda e su un altro degli affacci i binari delle ferrovie nord. Ci si abitua, dice l'agente, che è pure simpatico. Ci si abitua. Rimastico io. Ci si abitua.
Ma io non voglio abituarmi!
Signori che avete pensato, che pensate e costruite Milano, perché?
Perché così male? Vi si spezzava la matita a farla meglio?
Era così difficile prevedere un po' di verde attorno ai palazzi, invece di piantarli dritti sulle strade, piccole o grandi che siano, come se uno dovesse prendere la tangenziale dal salotto?
Avrò visto un centinaio di case in questi mesi, case con cucine minuscole, niente balconi, palazzi affastellati come per farsi coraggio.
Pensare a case che contengano i sogni, le risate i desideri, oltre che essere il ripostiglio di corpi che lavorano? Case con una vista, con cucine in cui si può mangiare seduti in 4, soggiorni dove si può fare una festicciola volendo, balconi che si possano riempire di piante, dove attardarsi a leggere un libro la sera l'estate (armati di zampirone, perché le zanzare di Milano, quasi più dei suoi architetti, geometri e costruttori, non perdonano)... e che uno possa permettersi..
Dai, che città è? Siamo seri. Una città dove abitare è solo una roba pratica, e la spaziosità, la bellezza, una disfunzione: un errore di sistema che se ci capiti devi difenderlo con le unghie e coi denti... Se ci riesci.
Almeno qui ha la sicurezza che non le costruiranno davanti, dice l'agente. Già, vantaggi di affacciare sulla Milano Meda.
Quando passo per l'Isola osservo crescere i nuovi palazzi, più alti del resto. Li guardo togliere luce e aria a chi si era comprato casa, magari come sto facendo io, cercando un posto per vivere, oltre che abitare, e aveva davanti gli alberi del bosco di Gioia... ( che chiamarlo bosco mi sembra un tantino esaggerato, però era un vedere piacevole).
Mi immagino fare colazione in cucina la mattina... Per qualche ragione mi viene in mente l'immagine tipicamente agostana di quelle giornaliste che si collegano dalle autostrade con dietro i monitor a mostrare l'andamento dell'esodo.
Milano ti prego, regalami una casa che mi aiuti a volerti più bene, dove osare mettere una radice, io in cambio mi ricorderò di passeggiare per i tuoi vicoli, di guardarti senza fretta, di andare a vedere il tramonto dal cortile della Triennale Bovisa, sorridendo della tua bellezza aspra e affaticata, fatta anche di sopraelevate e binari.
dichiarazione di apertura
All'inizio, Milano per me era una città di quinte. I suoi viali ampi segnavano rotte precise, tra palazzi grandi dietro cui non sapevo mai cosa ci fosse. Poi ho scoperto che Milano e' una città di cortili interni, di improvvise viuzze di paese, di acqua sotterranea, che occasionalmente esonda sorprendendo l'amministrazione comunale.
Tra queste due Milano non ho ancora trovato un passaggio. Rimangono due città distinte, come la Milano degli aperitivi, dei brunch, dei creativi alternativi ma rampanti, dei locali minuscoli e acidi, spaziosi e minimalisti indecisi tra New York e Giappone, rinomati, dove bisogna farsi vedere... e la Milano delle latterie, delle osterie, dell'arci, del parco agricolo sud, delle cascine, delle bocciofile, della solidarietà da case di ringhiera, di un senso civico raro, brusco ma prezioso.
E non ci sono solo queste due Milano, perché, come dice Aldo Nove nel suo libro: "Milano non e' Milano". Basta uscire un venerdì mattina e passando per Corso Buenos Aires, trovare un recinto con le pecore, per capirlo.
Voglio provare a raccontare la Milano che vedo. Io che ci sto da 6 anni, che vengo da Roma, che non pensavo di restarci tanto e che ancora cerco di orientarmi tra le sue strade troppo dritte. Che sono persa a Milano ogni giorno e sono parte di questa città.
Tra queste due Milano non ho ancora trovato un passaggio. Rimangono due città distinte, come la Milano degli aperitivi, dei brunch, dei creativi alternativi ma rampanti, dei locali minuscoli e acidi, spaziosi e minimalisti indecisi tra New York e Giappone, rinomati, dove bisogna farsi vedere... e la Milano delle latterie, delle osterie, dell'arci, del parco agricolo sud, delle cascine, delle bocciofile, della solidarietà da case di ringhiera, di un senso civico raro, brusco ma prezioso.
E non ci sono solo queste due Milano, perché, come dice Aldo Nove nel suo libro: "Milano non e' Milano". Basta uscire un venerdì mattina e passando per Corso Buenos Aires, trovare un recinto con le pecore, per capirlo.
Voglio provare a raccontare la Milano che vedo. Io che ci sto da 6 anni, che vengo da Roma, che non pensavo di restarci tanto e che ancora cerco di orientarmi tra le sue strade troppo dritte. Che sono persa a Milano ogni giorno e sono parte di questa città.
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