"wanda e non solo" è il nome di un negozio di estetista e parrucchiera. la saracinesca grigia abbassata (d'altronde è notte), la scritta fatta di scotch scuro.
e io mi immagino wanda. grassa, con le tette grosse (in realtà facilmente potrebbe essere magra e compatta, muscolosa, con gli occhi ipnotici da ragazzo libanese), rumorosa. le ferite che ha, i dolori che sente non si vedono. veste con colori sfacciati, roba aderente e nessuno avrebbe scommesso su di lei. errore.
wanda ha messo su il suo negozio e le piace la sua fatica. ci ha accolto gente di tutti i tipi a lavorare. il negozio funziona bene. "wanda e non solo" perch, per quanto ogni sera abbassando la saracinesca fredda e guardando la strada verso casa le venga il dubbio, invece non è sola, e anche perché c'è il suo nome sul negozio, ma non è più suo che di una delle altre persone che ci lavorano ogni giorno, che ci si siedono a decidere tra meches e chatouches concentrando per un istante la loro vita su quella differenza sottile e determinante e decidono magari di concedersi addirittura un massaggio alla testa. In quelli è maestra e li fa solo a chi dice lei...
dichiarazione di apertura
All'inizio, Milano per me era una città di quinte. I suoi viali ampi segnavano rotte precise, tra palazzi grandi dietro cui non sapevo mai cosa ci fosse. Poi ho scoperto che Milano e' una città di cortili interni, di improvvise viuzze di paese, di acqua sotterranea, che occasionalmente esonda sorprendendo l'amministrazione comunale.
Tra queste due Milano non ho ancora trovato un passaggio. Rimangono due città distinte, come la Milano degli aperitivi, dei brunch, dei creativi alternativi ma rampanti, dei locali minuscoli e acidi, spaziosi e minimalisti indecisi tra New York e Giappone, rinomati, dove bisogna farsi vedere... e la Milano delle latterie, delle osterie, dell'arci, del parco agricolo sud, delle cascine, delle bocciofile, della solidarietà da case di ringhiera, di un senso civico raro, brusco ma prezioso.
E non ci sono solo queste due Milano, perché, come dice Aldo Nove nel suo libro: "Milano non e' Milano". Basta uscire un venerdì mattina e passando per Corso Buenos Aires, trovare un recinto con le pecore, per capirlo.
Voglio provare a raccontare la Milano che vedo. Io che ci sto da 6 anni, che vengo da Roma, che non pensavo di restarci tanto e che ancora cerco di orientarmi tra le sue strade troppo dritte. Che sono persa a Milano ogni giorno e sono parte di questa città.
Tra queste due Milano non ho ancora trovato un passaggio. Rimangono due città distinte, come la Milano degli aperitivi, dei brunch, dei creativi alternativi ma rampanti, dei locali minuscoli e acidi, spaziosi e minimalisti indecisi tra New York e Giappone, rinomati, dove bisogna farsi vedere... e la Milano delle latterie, delle osterie, dell'arci, del parco agricolo sud, delle cascine, delle bocciofile, della solidarietà da case di ringhiera, di un senso civico raro, brusco ma prezioso.
E non ci sono solo queste due Milano, perché, come dice Aldo Nove nel suo libro: "Milano non e' Milano". Basta uscire un venerdì mattina e passando per Corso Buenos Aires, trovare un recinto con le pecore, per capirlo.
Voglio provare a raccontare la Milano che vedo. Io che ci sto da 6 anni, che vengo da Roma, che non pensavo di restarci tanto e che ancora cerco di orientarmi tra le sue strade troppo dritte. Che sono persa a Milano ogni giorno e sono parte di questa città.
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